Come acquistare a chilometro zero e sostenere l’agricoltura locale

ASM SET 21/mag/2020
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Il mercato alimentare sta vivendo tanti cambiamenti in questo periodo: con le frontiere chiuse o parzialmente chiuse, gli spostamenti limitati, i cambiamenti nel modo di vivere dei consumatori, a guadagnarne è spesso la filiera a chilometro zero.

Ma cosa significa, esattamente, a km 0? Che significato ha questa espressione?

Km zero indica un tipo di commercio nel quale i prodotti vengono commercializzati e venduti nella stessa zona di produzione.

Si tratta di una politica economica che predilige l’alimento locale garantito dal produttore nella sua genuinità, in contrapposizione all’alimento globale spesso di origine non adeguatamente certificata, e soprattutto risparmiando nel processo di trasporto del prodotto, in termini anche di inquinamento ambientale e di rispetto per la natura.

Come sono cambiate le nostre abitudini

Negli ultimi mesi, a causa del lockdown mondiale, tanti consumatori hanno cominciato a rivolgersi ai prodotti a chilometro zero, sia per comodità, sia per aiutare l’economia locale, sia perché i prodotti a noi più vicini vengono psicologicamente rilevati come “più sicuri” da un punto di vista nutrizionale e del rispetto della salute umana.

In un periodo in cui l’estraneo e il lontano è visto come una minaccia, ci si richiude su se stessi e si ricerca la familiarità dei rivenditori a noi più vicini.

Sono sicuramente cambiate le nostre abitudini, durante la quarantena: la società di consulenza Oliver Wyman ha analizzato il cambiamento nelle abitudini di spesa dei consumatori in nove paesi colpiti dal Covid-19, tra cui l’Italia. Per esempio, è emerso che il 47% delle famiglie italiane sta affrontando un calo generalizzato del reddito, ma ciononostante è cresciuto l’acquisto di generi alimentari, anche se con dinamiche diverse.

Il 38% del campione italiano, inoltre, dichiara di aver cambiato supermercato a causa dell’emergenza e di questo il 13% dichiara di averlo fatto in maniera definitiva.

In tanti hanno, insomma, preferito il negozietto sotto casa all’ipermercato lontano chilometri.

La spesa online è sicuramente aumentata rispetto al passato, ma in tanti hanno prediletto i prodotti più vicini a casa, anche per risparmiare sulle spese di spedizione; il supermercato locale è diventato il nuovo punto di riferimento, ed è cambiata anche la frequenza con cui abbiamo fatto la spesa: non più di una volta alla settimana.

Anche l’e-commerce, diventato locale o di prossimità, si è rinnovato profondamente. Questa rivoluzione silenziosa porterà sicuramente degli strascichi con sé, per nulla negativi.

Abbiamo infatti ri-scoperto il piacere di acquistare dal contadino locale, di visitare gli orti coltivati in città, di comprare online ma a km zero, di rivolgerci a quei ristoranti (che ora pian piano stanno riaprendo) che utilizzano quasi esclusivamente prodotti a chilometro zero.

L’e-commerce di quartiere, spesso promosso utilizzando WhatsApp, e con consegne personalizzate, si sta diffondendo sempre di più. E sono proprio i piccoli esercizi commerciali a beneficiarne: tutto questo potrebbe cambiare il corso della sfida fra botteghe artigiane e supermercati.

I vantaggi dei prodotti a km zero

I vantaggi dei prodotti a chilometro zero sono diversi, e spesso riguardano la nostra salute: sappiamo infatti da chi si stiamo acquistando i prodotti e come sono stati coltivati/realizzati. In più sono freschi, appena raccolti, niente maturazioni in celle frigorifere e nessun bisogno di conservanti.

Il gusto ne guadagna, e l’economia locale ringrazia.

Ma non solo! Dobbiamo considerare anche tutti i vantaggi ambientali ed economici: l’eliminazione di tutti i passaggi intermedi fa sì che il costo finale sia inferiore, e anche il costo ambientale in termini di CO2, viaggi e spostamenti si riduce di parecchio. Stiamo parlando di abbattimento delle emissioni di anidride carbonica, niente spreco di acqua o energia per la lavorazione, il confezionamento e la conservazione del prodotto; in più si eliminano finalmente gli odiati imballaggi di plastica o cartone che costituiscono tanta parte della nostra spazzatura quotidiana.

La riscoperta della comunità locale

Acquistando a km 0 si riscopre anche il gusto di conoscere la propria comunità locale: il piccolo ristorante, l’orto dietro casa, il negozietto che vende l’olio migliore della Regione.

Tanti e-commerce, come Cortilia, coniugano comodità della spesa consegnata a casa alla necessità di conoscere il produttore e di sceglierlo a chilometro zero.

Si tratta di prodotti artigianali venduti solo con la mediazione di Cortilia, che si occupa di incrociare domanda e offerta: per ogni prodotto, vengono consigliati diversi produttori più o meno vicini al luogo di destinazione. E, ovviamente, più si è vicini a casa e più si risparmia.

A invitarci a cambiare abitudini sono anche i social: durante la quarantena, Instagram ha aggiunto un nuovo sticker che recitava “Compra a km zero”. Veniva e viene ancora utilizzato nelle stories da tutti i rivenditori locali che offrono servizio da asporto, per incentivare le vendite e invitare a restare a casa.

A poco a poco ci siamo abituati a un cambio di mentalità, di passo, di consumo. Speriamo che gli aspetti positivi di questo cambiamento permangano ancora a lungo nelle nostre vite.

Un’attenzione maggiore alla salute

Complice forse il fatto di avere più tempo a disposizione, e di essere sempre più informati sul rapporto tra alimentazione e salute, gli italiani hanno anche cominciato a mangiare in modo più sano.

Nomisma, società di ricerche di mercato, in collaborazione con CRIF ha avviato l’Osservatorio “Lockdown. Come e perché sta cambiando le nostre vite”.

Si è registrato un aumento (40%) di acquisiti di “ingredienti”, soprattutto di farine e lieviti che in molti punti vendita ancora scarseggiano. In ascesa anche i prodotti a lunga conservazione, i surgelati, i multipack e i prodotti pronti. Si sono valorizzati anche gli alimenti di qualità, soprattutto c’è stata una riscoperta degli alimenti locali, la filiera corta e il made in Italy.

Nonostante il periodo difficile sembra, insomma, che non ci siamo gettati sul comfort food, ma invece abbiamo seguito la voce della salute e del benessere. Si spiega così il successo del biologico con un trend del +11% a valore nella gdo.

Non solo spesa: anche il turismo diventa a chilometro zero

Non solo il mercato agroalimentare si è mosso sempre più verso il km zero: in un periodo in cui sentiamo vicino l’appello a consumare e a spendere nella nostra nazione/regione, anche il turismo si è adeguato e propone itinerari per l’estate a km zero, per evitare troppi spostamenti tra regioni e spingerci a riscoprire i tesori locali che molto spesso ignoriamo.

Tantissimi saranno gli italiani che, perlomeno per l’estate 2020, decideranno di restare nei pressi della propria abitazione, evitando gli spostamenti a lungo raggio.

Perché è ancora oggi difficile consumare a km zero

Sicuramente consumare alimenti prodotti vicino a casa è vantaggioso per l’ambiente e per la salute umana, ma, nonostante i tanti cambiamenti che stanno avvenendo, per due terzi degli abitanti della Terra resta ancora un miraggio.

Lo raccontava qualche giorno fa Agnese Codignola, laureata in chimica e tecnologie farmaceutiche, “perché le filiere sono ormai globalizzate e perché in aree vastissime non ci sono le condizioni climatiche per far crescere, per esempio i cereali o altre colture fondamentali”.

L’impossibilità di creare autosufficienza alimentare per tutti emerge da uno studio condotto da alcune università australiane, statunitensi ed europee coordinate da quella di Aalto, in Finlandia, pubblicato su Nature Food. Se in Europa e Nord America i consumatori riescono ad avere la stragrande maggioranza dei cereali che consumano da fonti situate entro 500 km, a livello globale la distanza media è di 3.800 km.

Insomma, per come è strutturato oggi il mercato, il sistema alimentare mondiale non è in grado di assicurare l’autosufficienza a larghe fasce di popolazione.

Ma migliorare la produzione locale a km zero, anche solo in una parte dell’economia mondiale, potrebbe portare a enormi benefici, di cui non sappiamo ancora calcolare bene l’impatto.

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