Perché le rinnovabili possono (davvero) risolvere la crisi energetica in Italia

ASM SET 9/mag/2022
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Come far fronte alla crisi energetica? Secondo alcuni esperti, l’unica risposta seria è l’energia rinnovabile.

L’orrore della guerra in corso (in Ucraina) ci ha messo di fronte all’evidenza. Sono problemi esistenti da mesi.

Anzi, alcuni di questi li conosciamo ormai da anni.

In questo momento, quindi, gli interrogativi non possono più aspettare.

Dove prendere l’energia?

Quali fonti sfruttare per scaldare case e accendere luci?

Potremmo mettere in atto una strategia che finalmente prenda in seria considerazione la crisi climatica?

Recidere il legame dalle fonti fossili e l’energia non rinnovabile, non è semplice.

Ma abbiamo bisogno di convertire il nostro sistema in modo che ci sia energia pulita e accessibile per tutti!

Torniamo quindi alla situazione italiana.

…facciamo un passo alla volta.

Greenpeace Italia, Legambiente e WWF Italia hanno avanzato (nel mese di marzo) 10 proposte al governo Draghi.

Per affrontare in modo strutturale la dipendenza dall’estero nell’approvvigionamento del gas.

Si tratta di interventi normativi e autorizzativi da introdurre da qui ai prossimi mesi.

Permetterebbero di ridurre i consumi di gas di 36 miliardi di metri cubi all’anno. Entro la fine del 2026.

Anche Italy for Climate ha avanzato una proposta, a febbraio. Che, di nuovo, riguarda l’energia sostenibile (o rinnovabile)!

Una proposta vincente: per il clima, l’indipendenza energetica e i portafogli di famiglie e imprese.

Basterebbero 60 GW di energia pulita, autorizzata entro giugno, per creare 80 mila nuovi posti di lavoro.

E tagliare il consumo di 15 miliardi di mc di gas naturale. Un quinto di tutte le nostre importazioni.

Inoltre, il Coordinamento per la Democrazia Costituzionale, Laudato Si’, e Nostra hanno scritto recentemente a Draghi.

“Accelerare nella transizione ecologica, utilizzando al meglio le risorse del Pnrr.”

Non ci resta che sperare!?

Come uscire dalla crisi energetica?

Non è la prima volta che viviamo una crisi energetica.

Dalla sintesi dell’Ispi (Istituto per gli Studi di Politica Internazionale) diamo uno sguardo al passato.

Negli anni ‘50 e ‘60 il boom economico fu possibile grazie alla disponibilità di energia abbondante e a buon mercato.

Nel 1973 il prezzo del barile passò da 3 a 12 dollari. (Dopo la guerra del Kippur e il conseguente embargo imposto ai Paesi arabi dell’OPEC). Rallentò, quindi, la crescita economica.

Tra 1979 e 1980, la rivoluzione iraniana, l’invasione sovietica dell’Afghanistan e la guerra fra Iraq e Iran proiettarono i prezzi oltre i 40 dollari al barile.

Negli anni ’70, quindi, i Paesi consumatori implementarono politiche di efficienza energetica e di sviluppo di fonti alternative al petrolio. In quel periodo l’oro nero copriva la metà del fabbisogno energetico totale.

Il petrolio per la produzione di elettricità venne rimpiazzato da gas, carbone, nucleare.

Vennero dunque adottate politiche di risparmio energetico. Non a caso, la prima legge sull’efficientamento energetico degli edifici in Italia fu promulgata nel 1973.

La crisi di oggi, però, non è circoscritta al settore petrolifero. Tocca tutta la filiera dell’energia. Dall’approvvigionamento di materie prime alla distribuzione di prodotti finiti.

Senza tralasciare (anzi, ripetiamolo) che questa crisi è fortemente intrecciata con quella climatica globale.

Per tutti questi motivi si torna a “parlare” di:

Per questo le fonti rinnovabili sono considerate come un bene rifugio.

 “Sotto una serie di diversi punti di vista questa affermazione è vera: in primo luogo, l’energia rinnovabile è un bene rifugio nel senso che garantisce un disaccoppiamento tra soddisfacimento di un fabbisogno essenziale di energia e il corrispondente impatto ambientale”.

Lo spiega a Money.it Alessandro Corsini. Professore ordinario di Sistemi per l’energia e l’ambiente presso l’Università La Sapienza di Roma.

Tra le proposte: le rinnovabili in prima fila

Al fine di affrontare la crisi energetica, la proposta degli operatori del mercato elettrico. Riguarda, ovviamente, un intervento straordinario del Governo.

Si tratterebbe di mettere a terra 60 GW di rinnovabili in tre anni.

Italy for Climate ci informa che le imprese sono pronte a investire 85 miliardi di euro. Stipulando un contratto di lungo termine per l’acquisto dell’energia elettrica a 65 euro al megawattora per vent’anni.

(Oggi in Italia siamo a 280 euro/MWh.)

Un prezzo inferiore a quello di qualsiasi altra fonte di energia fossile (e nucleare). Pure ripensando alle condizioni “normali”.

E le spese a carico dello Stato e dei cittadini sarebbero zero. Ovvero, nessun incentivo pubblico.

Basterebbe sbloccare un terzo dei progetti di impianti rinnovabili di cui è già stata presentata domanda di allaccio a Terna. Il gestore nazionale della rete elettrica.

Quelli in attesa da anni di autorizzazione da parte di Regioni e Province.

Così si creerebbero quegli 80 mila nuovi posti di lavoro di cui accennavamo.

A quanto pare 20 GW di rinnovabili ogni anno sono tecnicamente fattibili in Italia.

Ne abbiamo installati più di dieci in un anno un decennio fa. Con tecnologie neanche paragonabili a quelle attuali.

La crisi energetica…è parte della crisi ambientale

Abbiamo la capacità di farlo. Ma la priorità diventa lo sblocco degli iter autorizzativi.

In primo luogo, individuando le aree idonee in cui realizzare gli impianti.

Lo spazio necessario per i 48 GW di fotovoltaico previsti non sembrerebbe un ostacolo.

Equivarrebbe a poco più dello 0,1% della superficie nazionale.

(Ben poco, confrontandolo al 7% del territorio italiano oggi ricoperto dalla cosiddetta “cementificazione selvaggia.)

Qual è la situazione energetica in Italia?

Siamo in molti a chiederci come è possibile essere arrivati a questa crisi energetica.

Negli ultimi venti anni la geopolitica dell’energia è cambiata. Si è definita una maggiore dipendenza dell’Italia dalla Russia.

La volatilità dei prezzi è aumentata. (Decuplicata afferma il direttore scientifico di Lifegate Simone Molteni.)

A causa anche delle dinamiche fortemente speculative che dominano il mercato energetico. Non a caso, in molti auspicano la rimodulazione di tutte le regole di prezzo.

L’Ispi ci rassicura parlando di una “politica chiaroveggente” dell’Italia. Che si è già dotata di scorte strategiche di gas per 4,5 miliardi di metri cubi. 

(Sarebbe però necessario creare scorte di gas a livello europeo.)

E l’8 marzo scorso, la Commissione europea ha adottato il piano REPowerEU. Con proposte che mirano alla riduzione, ad un terzo, dell’import di gas russo. Ciò, entro la fine dell’anno…per eliminarlo entro il 2030.

Per quanto riguarda l’energia sostenibile in Italia!? Nel complesso siamo il terzo produttore di impianti rinnovabili in Europa.

E parte dell’energia elettrica prodotta arriva da fonti green.

A quanto pare stiamo principalmente puntando su fonti rinnovabili elettriche. In particolare, sul fotovoltaico e sull’eolico.

Lo scopo è raggiungere gli obiettivi vincolanti del Piano nazionale integrato energia clima (2030).

In termini di investimento, il sistema di incentivi esistente (basato sul cosiddetto conto energia) è attivo anche per fonti rinnovabili diverse dal fotovoltaico. È giudicato oramai maturo per una parità di rete.

Ma non si tratta dell’unico incentivo perché, spiega Alessandro Corsini:

“incentivi di natura diversa sono invece legati all’introduzione di fonti rinnovabili nei settori residenziali attraverso le varie forme di eco bonus e gli incentivi dedicati alla costituzione di comunità energetiche rinnovabili”

Ovvero, aggregazioni di consumatori produttori e prosumer, in grado di garantire oltre l’80% di autoconsumo della generazione energetica di comunità.

Cosa possiamo fare noi per la crisi energetica e ambientale?

La priorità nell’affrontare la crisi energetica sembra essere quella di rendersi più autonomi dal gas russo.

Certamente ci interessa anche risparmiare in bolletta.

E questo significa inequivocabilmente partecipare alla mitigazione della crisi ambientale.

Quello che possiamo fare individualmente e come società è innanzitutto: eliminare gli sprechi.

(Prima di cominciare a parlare di razionamento!)

Diventando tutti più consapevoli di quanta energia (cibo, acqua, materie prime…) sprechiamo inutilmente.

Nel nostro piccolo, possiamo fare qualcosa.

E evitare di sprecare è il primo passo! Anche verso la decarbonizzazione.

L’associazione di consumatori Altroconsumo ha stimato che risparmiando su:

  • sistemi a gas;
  • riscaldamento;
  • acqua calda sanitaria;
  • fornelli;

…si potrebbe evitare il consumo di 2,5 miliardi di metri cubi di gas all’anno.

(In molti dei nostri articoli abbiamo suggerito come e cosa poter fare. Per esempio, per la cottura dei cibi usare la pentola a pressione o spegnere il gas sotto i fornelli una volta raggiunta la temperatura di bollore. Fare docce più brevi. Abbassare la temperatura del termostato della caldaia, anche solo di un grado. Piccoli gesti, per avere cura.)

Il 40% dei consumi energetici finali è riconducibile agli edifici.

Dunque, anche all’energia che si consuma in casa o in ufficio.

Già facendo attenzione all’accensione di luci e dispositivi elettronici si risparmia e si favorisce lo stoccaggio delle risorse. (In vista di inverni molto duri.)

Per ridurre ulteriormente il consumo di energia sarebbe utile adottare “tecnologie efficienti”.

È solo un nuovo modo di vivere alcuni aspetti della quotidianità. Di cui abbiamo bisogno da tempo…

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