Transizione ecologica: è tempo di rivoluzione?

ASM SET 8/mar/2021
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“In questo anno in cui l’Italia è chiamata a fare la storia, la transizione ecologica è, non solo un dovere imprescindibile per difendere i diritti delle future generazioni, ma è anche la più grande opportunità per risollevare l’economia e creare nuovo lavoro. E gli investimenti necessari devono essere portati avanti ad ogni costo, “whatever it takes”.

Lo scrive il movimento ispirato da Greta Thumberg “Fridays For Future Italia” in un comunicato indirizzato al Presidente Draghi.

La notizia risale a qualche tempo fa. Come sempre più spesso accade nella nostra epoca, i giovanissimi sono scesi in campo per portare avanti il dialogo sulla rivoluzione del nostro tempo. Ma è proprio corretto chiamarla rivoluzione?

Vediamo insieme cosa accade.

Transizione ecologica definizione

La transizione ecologica è alle porte e noi ci chiediamo: cos’è? Come “funziona”?

Il termine “transizione” esiste da molto tempo.

Inizialmente veniva utilizzato per indicare i passaggi di stato di una sostanza (liquido-solido-gassoso).

Un’immagine molto simbolica per questo periodo. Ci dà l’idea di una grande trasformazione.

Nel dizionario del pensiero ecologico (Bourg, 2015), la transizione è definita come “un processo di trasformazione grazie al quale un sistema passa da un regime di equilibrio a un altro”.

Geels e Loorbach (2007) hanno identificato tre livelli di transizione.

  • Il primo integra le innovazioni sociali;
  • il secondo le regole e le norme;
  • il terzo il paesaggio.

Le evoluzioni simultanee a questi tre livelli innescano le transizioni.

La transizione ecologica, quindi, è una riconfigurazione e una trasformazione culturale a tutti i livelli e in tutti i settori, che si evolvono congiuntamente, in modo non controllato perché sistemico e complesso.

Avresti mai detto che potesse trattarsi di un fenomeno così esteso? Eh si la transizione che ci attende è, nei fatti, davvero qualcosa di colossale, ma non per questo deve spaventarci…

Transizione ecologica: cosa significa secondo Greenpeace

Grazie alla transizione ecologica parliamo di una trasformazione generale, che investe i diversi ambiti della vita e dell’economia. Lo scopo è ridurre l’impatto sull’ambiente del nostro stile di vita, pur garantendo un livello di benessere elevato.

Secondo Greenpeace questi sono alcuni punti fondamentali che caratterizzano la transizione ecologica:

Transizione energetica basata sulle energie rinnovabili. Per raggiungere la riduzione delle emissioni di CO2, con obiettivi fissati dalla Commissione Europea al 2030, sarà necessario avere il 70% circa di fonti rinnovabili sulla rete elettrica. Anche se, l’attuale Piano Nazionale Integrato Energia e Clima (PNIEC) prevede solo il 55%.

Agricoltura. Indirizzarsi verso un settore agro ecologico che riduca l’uso di pesticidi e aumenti la superficie dedicata all’agricoltura biologica. Intervenire sugli allevamenti intensivi per diminuire le emissioni e gli impatti su salute e ambiente. 

Mobilità a emissioni zero. Il settore dei trasporti è responsabile di circa un quarto delle emissioni di gas serra in Italia. Oltre a essere tra le principali fonti di inquinamento atmosferico. C’è bisogno di investire sulla mobilità cittadina e regionale e sul trasporto elettrico.

Stop definitivo alle trivelle. Un divieto permanente a ogni nuova attività di indagine, ricerca e sfruttamento di gas e petrolio sul territorio nazionale. Sia a terra che in mare. 

Tutela della biodiversità. Interventi a tutela della diversità biologica del nostro Paese, così da irrobustire il patrimonio forestale del Paese. Per quel che riguarda la biodiversità marina, l’Italia ha assunto pubblicamente l’impegno ambizioso di tutelare il 30% dei suoi mari entro il 2030, un progetto internazionale noto come “30×30”. 

Che cos’è la transizione ecologica nella nostra epoca

La locuzione “transizione ecologica” non è troppo recente e il termine non è inconsueto. Il concetto di transizione viene applicato da tempo alla psicologia, all’economia, alla demografia e agli studi tecnologici.

Oltre che all’ecologia.

Durante la seconda metà del 900, il rapporto Meadows (1972) ci parla della necessità di una:

 “transizione da un modello di crescita a uno di equilibrio globale”

Nel documento vengono sottolineati i rischi ecologici indotti dalla crescita economica e demografica. 

Nel 1987, il rapporto Brundtland raccomanda «la transizione verso lo sviluppo sostenibile».

Ma nei fatti, si parla di transizione strettamente legata alla questione “sostenibilità” nei Paesi Bassi, all’inizio degli anni 2000. Quando viene introdotto il concetto di transizione nel campo dello sviluppo sostenibile a livello politico.

Nei Paesi Bassi, infatti, grazie ad agende, metodi e pratiche, concertati e condivisi, tutti hanno collaborato per lo stesso scopo.

Ricercatori, funzionari, imprenditori, sindacalisti e rappresentanti delle ONG hanno elaborato diversi scenari, per mettere in atto lo sviluppo sostenibile e la transizione ecologica in tutti gli aspetti della vita: energia, agricoltura, trasporti, biodiversità…

In Francia, la nozione di transizione ecologica ed energetica è stata adottata a partire dal 2012, come testimoniano:

  • la creazione del Consiglio Nazionale di Transizione Ecologica
  • la legge relativa alla transizione energetica per la crescita del verde del 2014
  • la Strategia Nazionale di Transizione Ecologica verso lo Sviluppo Sostenibile (2015-2020)

Nel frattempo, da qualche anno, la Commissione Europea ha adottato un pacchetto di misure e proposte legislative per promuovere la crescita sostenibile e aiutare l’Europa a fare la transizione verso un’economia circolare.

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La nostra è un’epoca di trasformazioni radicali. Quando ci siamo resi conto di che cos’è l’economia circolare è stato evidente quanto questo modello innovativo potesse essere favorevole sia per lo sviluppo sostenibile che per la transizione ecologica.

Transizione Ecologica in Italia

Il 26 febbraio 2021 il Consiglio dei ministri ha approvato il decreto-legge “Ministeri”, che riorganizza competenze e strutture di alcuni dicasteri. Nasce ufficialmente il Ministero della Transizione ecologica (Mite).

Il ministro in carica è Roberto Cingolani.

Il Mite sostituisce il Ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare. Oltre a tutte le competenze dell’ex Ministero dell’Ambiente, questo nuovo Ministero è responsabile di molte delle competenze fondamentali nel processo della transizione ecologica. Inerenti soprattutto il settore dell’energia.

In particolare, all’articolo 3 del decreto si legge che “…a decorrere dalla data di adozione del decreto. La direzione generale per l’approvvigionamento, l’efficienza e la competitività energetica e la direzione per le infrastrutture e la sicurezza dei sistemi energetici e geominerari del Ministero dello sviluppo economico, con la relativa dotazione organica e con i relativi posti di funzione di dirigente di livello generale e non generale, sono trasferiti al Ministero per la transizione ecologica”.

Comitato interdisciplinare per la rivoluzione ecologica ed economica

Il decreto approvato istituisce inoltre, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, il Comitato interministeriale per la transizione ecologica (CITE) con il compito di assicurare il coordinamento delle politiche nazionali per la transizione ecologica e la relativa programmazione.

Il Comitato è presieduto dal Presidente del Consiglio dei ministri, o in sua vece, dal ministro della Transizione ecologica.

È costituito dal ministro per il Sud e la coesione territoriale, dai ministri della Transizione ecologica, dell’Economia e delle finanze, dello Sviluppo economico, delle Infrastrutture e della mobilità sostenibile, della Cultura e delle Politiche agricole, alimentari e forestali.

Il Cite deve approvare, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore del decreto, il Piano per la transizione ecologica, al fine di coordinare le politiche in merito a:

  • come funziona l’economia circolare (e l’energia circolare)
  • come attuare mobilità dolce e sostenibile
  • la modalità di contrasto per il dissesto idrogeologico e il consumo del suolo
  • la garanzia di risorse idriche e relative infrastrutture
  • come preservare la qualità dell’aria

Il modello circolare e la “transizione” secondo la scienza

Capire quali fattori e barriere esistono nello sviluppo di un’economia circolare è la scommessa di molti all’epoca della transizione ecologica. Tra questi ci sono politici e ricercatori.

Per tale scopo nel 2017 è stato strutturato uno studio, intitolato “Lost in Transition? Drivers and Barriers in the Eco-innovation Road to the Circular Economy”.

Il documento cerca di contribuire al dibattito, analizzando le prove riguardanti diversi fattori che aiutano e ostacolano lo sviluppo della circolarità.

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Sono stati scritti interi libri sull’economia circolare, è un tema che ispira da lungo tempo.

In particolare, questo articolo si concentra sul percorso dell’eco-innovazione in direzione “circolare”.

Gli studiosi cercano di coordinare i risultati disponibili, ma frammentati, su come questa innovazione “trasformativa” può favorire la transizione, rimuovendo quelli che sono gli ostacoli alla sostenibilità.

È un documento interessante e coinvolgente perché i ricercatori attingono a un nuovo corpus di letteratura accademica e non accademica. Così il lavoro offre un quadro di analisi accessibile a tutti e un’indagine basata sull’evidenza delle sfide, per un cambiamento strutturale dell’economia.

In definitiva, l’articolo mira a capitalizzare le nuove intuizioni sulla transizione, grazie anche agli esempi di economia circolare, per contribuire alla progettazione di linee guida politiche e strategie organizzative.

Transizione Ecologica: Gael Giraud

Nel suo libro “Transizione ecologica” Giraud presenta un ulteriore visione dell’imminente trasformazione.

In alcune recensioni si dice che il testo è un saggio di economia, ma che appassiona come un thriller.

Ci parla dell’opportunità di un mondo di “beni comuni”. Dove il credito è considerato un mezzo, e non il fine, per realizzare riforme che siano a vantaggio di tutti e benefiche per l’ambiente.

“Un’economia sempre meno energivora e inquinante”

Gaël Giraud, prima di esser gesuita è stato un banchiere e mentre scrive prova a tracciare l’inversione di rotta di quella vecchia società che “mira a ottenere di più (risorse, prodotti, benessere) con meno (sforzi, investimenti, partecipazione)”.

Per lui:

“La transizione ecologica sta ai prossimi decenni come l’invenzione della stampa sta al XV secolo o la rivoluzione industriale al secolo XIX”

Poi sottolinea:

“O si riesce a innescare questa transizione e se ne parlerà nei libri di storia; o non si riesce, e forse se ne parlerà fra due generazioni, ma in termini ben diversi!”

La transizione ecologica nella nostra quotidianità

Mentre ci accorgiamo che la transizione ecologica “entra nelle nostre case”, l’anno scorso sul Guardian viene pubblicato il rapporto, del thinktank Circle Economy, lanciato al World Economic Forum di Davos.

Nel rapporto viene evidenziato che alcune nazioni stanno facendo passi importanti verso le economie circolari, in cui l’energia rinnovabile è alla base di sistemi in cui i rifiuti e l’inquinamento sono ridotti a zero.

Nel frattempo, più di 100 miliardi di tonnellate di materiali sono entrati nell’economia globale nel 2017, per:

  • generare energia
  • costruire infrastrutture e abitazioni
  • produrre cibo
  • fornire beni di consumo (come vestiti e telefoni)

Ora, il fatto è che sul Pianeta Terra esistono più telefoni che persone e si prevede che la quantità di vestiti acquistati raggiungerà più di 92 milioni di tonnellate entro il 2030.

Ma soprattutto, alcune stime suggeriscono che il 99% delle cose che la gente compra viene scartato entro sei mesi dall’acquisto, senza che il materiale venga recuperato.

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Questo perché siamo abituati a quella che viene definita un’economia “lineare”.

Il vecchio modello funziona estraendo risorse e fabbricando prodotti da esse, che vengono venduti e poi generalmente smaltiti dopo un breve periodo di utilizzo.

Ma la pandemia di COVID-19 ha sconvolto la normale attività economica, immergendo l’economia globale in quella che potrebbe diventare la peggiore recessione economica dai tempi della Grande Depressione.

Risultato? Piuttosto che cercare di far rivivere un sistema che risulta intrinsecamente dispendioso, la Commissione Europea si impegna nel costruire un’economia circolare sostenibile.

Che supporti la transizione ecologica.

Cosa fare per la nostra piccola, grande rivoluzione

Per raggiungere gli obiettivi della transizione ecologica, con alla base un’economia circolare veramente sostenibile, le pratiche di consumo e produzione dovranno cambiare contemporaneamente.

L’economia circolare, infatti, comporta progettazione e promozione di prodotti che durano e che possano essere riutilizzati, riparati e rigenerati.

Questa modalità tende a mantenere il valore funzionale dei prodotti e a “recuperare” energia, invece che perseverare nel produrre tanto e poi “sprecare”.

Fare di più con meno materiale e consumare in modo responsabile, riguarda la nostra personale trasformazione. Una transizione ecologica, economica e culturale che coinvolge chiunque.

Per esempio, potremmo ricominciare a dare valore alla riparazione e al restyling (nel caso dei vestiti preferiti). Questo aiuta ad evitare scarti ed eliminare rifiuti.

Nuovi modi di consumare aprono opportunità per innovativi modelli di business nell’economia.

Esempi di business basati sul riutilizzo, il leasing, la riparazione e la rifabbricazione arrivano a generare quattro volte più posti di lavoro rispetto a quanto avviene basando tutto su trattamento, smaltimento e “semplice” riciclaggio dei rifiuti.

Le attività economiche locali potrebbero nuovamente fiorire, aiutando a rafforzare le relazioni all’interno delle comunità.

In pratica, quello che accade grazie alla transizione ecologica e all’economia circolare è che il nostro sviluppo diventa sostenibile!

L’obiettivo si sposta dalla stretta crescita del PIL al “progresso multidimensionale”.

Un ampio rafforzamento della qualità ambientale, del benessere umano e della prosperità economica per le generazioni attuali e future.

Il modo in cui usiamo le risorse ha trasformato l’ambiente, la nostra economia e la nostra società in passato.

Ora abbiamo l’opportunità di rivoluzionare tutto e creare benefici sostenibili per il futuro.

Non sprechiamola.

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