Distanti ma vicini: i prodotti a km zero da scoprire dietro l’angolo di casa.

ASM SET 25/nov/2020
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Avete mai sentito parlare di consumo critico o responsabile?
Probabilmente sì e forse siete uno dei sei milioni di italiani che comprano prodotti alimentari di vario genere direttamente dai produttori locali.

I Gas (Gruppi di Acquisto Solidale), i mercati di Campagna Amica, gli orti affittati coltivati in proprio oppure dati in gestione, i contadini con le loro aziende agricole, i produttori di vino locale e tanti altri simili: sono i negozi e le botteghe di prossimità, quelli che vedete sempre perché ci passate davanti sul solito tragitto casa-lavoro, fino a quando decidete di fermarvi e sperimentare o anche quelli che vi vengono segnalati da amici o che vedete sui social.

Un esercito silenzioso di contadini, produttori, coltivatori che ogni giorno si svegliano la mattina e preparano le loro mani a raccogliere i frutti di un lavoro duro e spesso non riconosciuto per poi offrircelo con semplicità: prodotti sicuri, sostenibili e senza sprechi, per loro e per noi che abbiamo imparato ad usare tutte le parti dei cibi che acquistiamo (ve lo abbiamo raccontato parlando di tendenze in cucina 2021)

Piano piano abbiamo cominciato a preferire loro, così come tante altre attività produttive di dimensioni più piccole, vicine ai ritmi naturali e rispettose del rapporto uomo-lavoro-natura, lasciando al canale della GDO il compito di offrirci il resto.

In Italia esistono oltre 2000 piattaforme che ci aiutano a trovare chi produce vicino a noi e ci può garantire non solo la freschezza del prodotto, ma anche la sua sostenibilità in termini di impatto ambientale.

Nessuna catena infinita di trasporti in cui il prodotto viaggia per centinaia di chilometri, rispetto dei produttori e del loro lavoro. Si chiama filiera corta ma per noi consumatori è la riscoperta del valore della prossimità, in cui

non solo abbiamo la certezza del cosa e del come viene coltivato, ma sosteniamo il lavoro dei produttori in modo equo.

La filiera corta è una delle basi del consumo responsabile: l’acquisto di prossimità

  • riduce i consumi di carburante (il prodotto non deve essere trasportato perché viene raccolto al giusto grado di maturazione e non ha bisogno di celle frigorifero per il mantenimento),
  • non necessita sempre di packaging (posso usare i miei contenitori),
  • è sicuro (i prodotti disponibili seguono la stagionalità),
  • è equo (garantisce un reddito giusto a chi produce eliminando tutti i passaggi intermedi).

Vantaggi per entrambe le parti: chi produce e chi consuma.

Il nostro modo di acquistare ma, soprattutto, le nostre motivazioni (perché scegliere un negozio e non un altro) sono cambiate radicalmente negli ultimi venti anni, come dimostra l’indagine biennale sul consumo responsabile condotta dal Prof. Roberto Graziano e dalla Prof.ssa Francesca Forno dell’Università di Trento, che hanno evidenziato una crescita del 219% negli ultimi venti anni.

E questa pandemia non ha fatto altro che confermare questa tendenza.

Un processo lento ma graduale basato su un cambiamento di mindset (direbbero gli americani) ovvero di mentalità, tanto per usare un termine italiano.

La sensibilità dei consumatori verso la sostenibilità, la sicurezza alimentare e la lotta allo spreco di cibo si traducono giorno per giorno in comportamenti radicalmente diversi da quelli delle generazioni precedenti, puntando alla sobrietà, intesa come ricerca di una migliore qualità della vita.

Scelte che si basano su una consapevolezza oramai acquisita e presente nella vita quotidiana dei consumatori: i nostri comportamenti di acquisto sono sempre di più atti responsabili. Verso i produttori, verso chi abita il nostro pianeta, verso le generazioni future.

Cosa trovare e come: i prodotti vicini a noi.

Secondo una ricerca fatta da Swg a febbraio di quest’anno su un campione di 1200 cittadini, il 12,3 % compra tramite gruppi di acquisto solidali.

Dati che dimostrano una tendenza in crescita, come dimostra il recente Rapporto Coop, presentato nel settembre 2020: un italiano su due aumenterà la spesa destinata a cibo del territorio in cui vive.

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Durante il primo lockdown i canali social hanno contribuito alla conoscenza di queste realtà, come di tante altre, sia da parte dei produttori che da parte dei consumatori.

Grazie a Facebook e Whatsapp, le informazioni sono state ricevute in tempo reale, consentendo a chi acquistava di risparmiare tempo e di accedere ad una rete capillare e organizzata per la distribuzione (quando non era più possibile spostarsi personalmente per ricevere quanto ordinato).

I Gas sono degli aggregatori: il sistema raccoglie gli ordini dei consumatori e li smista ai vari produttori che, in questo modo, si creano un canale di vendita locale indipendente e diretto, in cui la base è la fiducia e il rispetto.

Una sorta di alleanza solidale che, invece di creare contrapposizione (una catena di supermercati contro l’altra in cui vince il prezzo più basso), identifica un NOI fatto di qualità e sostenibilità per tutti.

Con il risultato che sempre più consumatori vengono a conoscenza delle piccole realtà locali di produzione, creando così un circolo virtuoso in cui la prossimità genera

  1. benessere,
  2. qualità della vita,
  3. micro-economia sana,
  4. qualità della relazione produttore-consumatore e fidelizzazione.

Non più sulla base di un marchio, bensì sulle caratteristiche intrinseche del prodotto: organolettiche, qualitative, nutrizionali.

Ma cosa ci piace acquistare?

I cibi che fanno parte della nostra quotidianità e che compongono il regime alimentare della dieta mediterranea: frutta, verdura, pane, carne, uova.

I negozi di quartiere, le piccole botteghe alimentari che frequentiamo più spesso sono proprio queste: quelle con cui abbiamo instaurato una relazione umana e, proprio per questo, si sono dimostrate più versatili e disponibili garantendo un approvvigionamento costante soprattutto alle fasce più deboli (anziani e famiglie con bimbi piccoli, per esempio) durante il lockdown.

Qui abbiamo riscoperto la qualità, i prodotti che arrivano dai coltivatori della zona, i formaggi del caseificio dietro casa e le carni degli allevatori locali: un sottobosco di eccellenze prodotte spesso con metodi tradizionali proprio perché la tradizione è il loro traino iniziale.

La tecnologia a favore dei piccoli negozi

Durante gli ultimi mesi sono nate diverse iniziative per aiutare il contatto diretto tra produttori e consumatori.

Associazioni di categoria e comuni hanno creato delle liste che segnalavano tutti i negozi e le botteghe presenti nel territorio o nel quartiere a cui rivolgersi sia per acquistare direttamente.

In altri casi, un gruppo di produttori di una area circoscritta hanno scelto di unirsi per proporre i loro prodotti su un sito di e-commerce che rappresentasse prima di tutto il territorio in cui lavorano.

Un modo per avvicinarsi a chi, in zona, ancora non li conosceva e per comunicare i valori di qualità e solidarietà in cui credono (http://www.sottoboscoromagnatoscana.it/).

La tecnologia, troppo spesso vista come un ostacolo proprio dalle piccole attività, si è rivelata fondamentale. Ne è un esempio l’app LastMinuteSottoCasa creata da Up Day che rende praticamente immediata la comunicazione tra i negozi di prossimità e i consumatori.

L’app è nata sei anni fa come un vero e proprio sistema antispreco: i negozianti che si ritrovano con prodotti in eccedenza vicini alla scadenza, informano i cittadini con una notifica inviata sullo smartphone e propongono sconti dal 40% al 60%.

Francesco Ardito, il creatore di Lastminutesottocasa, ha ben pensato di aggiungere una funzione che consentisse anche di conoscere quali negozi fossero ancora aperti e quali proponessero servizi a domicilio, trasformando l’app in un mezzo di interazione diretta tra cittadini e commercianti.

Questi e altri strumenti sono solo due esempi di come si può rivalutare l’economia di prossimità in modo equo, premiando la qualità di chi produce usando materie prime locali, legate alla tradizione, sostenibili e buone per la salute, come i panificatori.

I prodotti buoni ed etici della prossimità: il pane

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Durante il lockdown, abbiamo riscoperto il pane e tutto ciò che c’è di simile.

I nostri social sono stati letteralmente invasi dalle foto di esperimenti caserecci, spesso ottimamente riusciti.

Ma in tutto ciò il ruolo dei forni artigianali e delle panetterie è cambiato: oltre 8 consumatori su dieci comprano il pane ogni giorno perché è fresco, genuino, fatto a mano.

Il pane è un alimento semplice ma, al tempo stesso etico. Il pane avvicina, soprattutto quando è prodotto con materie prime della tradizione locali: i grani antichi oppure la canapa o anche i legumi e le castagne, a seconda della zona d’Italia.

É diventato il simbolo per eccellenza della lotta allo spreco: gli italiani hanno cominciato a preferire le piccole pezzature quotidiane oppure le pagnotte medio-grandi che poi si mantengono durante la settimana.

I panifici sono diventati un presidio della nuova normalità, un luogo in cui riscoprire un alimento che ci fa ritrovare il senso di famiglia e di vicinanza, in un momento in cui il distanziamento ci ha allontanato dai nostri cari.

Cambiare un comportamento è possibile, se lo vediamo come un gesto che facciamo verso gli altri e non solo verso noi stessi. Proprio come quando scegliamo il negozio sotto casa.

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